È stata raggiunta all'unanimità in Conferenza Stato Regioni e Enti Locali l'intesa sul riordino del gioco pubblico tra i presidenti delle Regioni e delle Province autonome e il Governo rappresentato dal sottosegretario all'Economia Pierpaolo Baretta. Il mondo politico applaude, ma l’intesa non è condivisa dalle associazioni.
“L'intero settore del gioco esce sconfitto dal piano di riordino, ma con vari rischi” ha commentato Massimiliano Pucci, presidente di As.Tro, alla notizia dell'accordo raggiunto dal governo con gli enti locali in Conferenza Unificata per il riordino del gioco pubblico. "Se fino ad oggi abbiamo lamentato la parzialità della proposta governativa che andava a colpire unicamente il segmento delle slot machine, con l'intesa raggiunta oggi si va ad intaccare l'intero sistema". aggiunge. Secondo Pucci con questo presunto riordino "si va verso un federalismo del gioco, ma a senso unico”. Ciò solleva numerosi interrogativi.
“Il governo ha già definito una exit strategy per quelle regioni, come il Piemonte, che da fine ottobre dovranno far sbaraccare gli operatori del gioco. E lo stesso vale per la Puglia e per altri territori. La seconda domanda riguarda invece i bandi di gara: si aspettava l'intesa con gli enti locali proprio per poter procedere con l'attesa emanazione dei bandi. E ora che succede? Non riusciamo quindi a capire quale sia l'accordo che è stato raggiunto visto che tutto rimane come prima. Spero solo che ci si renda presto conto che in queste ore la criminalità sta già brindando per il campo libero che si andrà concedendo alle altre forme di gioco illecito", ha aggiunto.
Anche il presidente dell’Associazione Nazionale Sapar, Raffaele Curcio, ha commentato negativamente l'intesa di riordino dell'offerta di gioco.
"Vi sono molte criticità e la materia è stata trattata dalla conferenza con superficialità e senza approfondire”. Secondo Curcio “nell’accordo è stata data poca attenzione alle aziende di gestione che operano sul territorio e ai relativi livelli occupazionali. E le conseguenze derivanti da ciò si riverseranno sulle economie locali e soprattutto sui posti di lavoro, visto che la riduzione dell’offerta, così come gli ultimi sconsiderati aumenti di tassazione, è stata applicata esclusivamente su un segmento del gioco, quello degli apparecchi a 1 euro di giocata e cento euro di vincita, tralasciando tutto il resto”.
Curcio ha ricordato che “in Italia il livello di esposizione del gioco è altissimo: siamo bombardati di pubblicità sul gioco online e scommesse in tutte le fasce orarie e su tutti i canali d’informazione. Eppure la mannaia della riduzione riguarderà solo le cosiddette 'macchinette'. Come si può allora non pensare male? A chi gioverà tutto questo? Non certamente al giocatore problematico che avrà modo di dedicarsi a tutte le altre offerte, comprese quelle via internet senza alcuna limitazione; tra l’altro è notizia di questi giorni l’uscita di un nuovo bando per 120 concessioni di gioco online. La sola riduzione delle Awp servirà a favorire poche lobby, distruggendo aziende, posti di lavoro e attività commerciali e, come si sta evidenziando, a ridurre le entrate dello Stato”.
“Siamo molto preoccupati da un non accordo che lascia tutto come era prima, per quanto riguarda l’armonizzazione delle regole nelle varie parti del Paese e che si limita ad introdurre un concetto di riduzione dei punti vendita e di tutela degli investimenti esistenti”, ha dichiarato Stefano Baduini, segretario generale di Acadi, l’Associazione dei concessionari degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento aderente a Confindustria SIT.
“L’accordo non raggiunge gli scopi prefissi, ovvero la tutela dell'ordine pubblico, degli investimenti industriali, di una corretta gestione del gioco legalizzato, la tutela della salute delle persone, ma va verso un’unica direzione: quella di consentire l'espulsione il gioco lecito in Italia. Un intero settore industriale che conta oltre 6.000 imprese e 150.000 occupati nel nostro Paese, e che ha garantito in questi anni un presidio contro il Gioco illegale, pronto oggi a riguadagnare terreno".
Il presidente di Sistema Gioco Italia Zapponini ha affermato nelle sue dichiarazioni che l’accordo rischia di espellere il gioco legale contraddicendone i suoi stessi obiettivi. “È stato commesso un grave e inspiegabile passo indietro. L’attuale accordo andrà ad accentuare in modo critico la disomogeneità normativa nei territori, andando esattamente contro una equilibrata e proporzionale distribuzione del gioco lecito che era uno degli intenti della Conferenza, determinando così uno scenario ancora più incerto e contraddittorio in cui diventerà insostenibile per gli operatori del settore. Aspettiamo di leggere il testo ufficiale, ma se verrà confermato quanto emerso in queste ore si tratta di un accordo che incomprensibilmente contraddice i suoi stessi obiettivi: tutelare le persone, consentendo una gestione sostenibile del Gioco legale nel nostro Paese”.
L’intesa sul riordino dell’offerta di gioco in Italia non è inoltre condivisa dalla Consulta Nazionale Antiusura, dal Cartello “insieme contro l’Azzardo”, dalla Caritas Nazionale, dalle Associazioni Alea e And, Vita/Slot Mob, dal Movimento No Slot, dal Forum delle Famiglie, dell’Agesc e di Agita. "Sin d'ora rimarchiamo l'inaccettabile reticenza, rinnovata dagli estensori del testo dell'Intesa, nel denominare 'gioco d'azzardo' quell'oggetto che essi indicano con la grottesca espressione 'gioco pubblico'. E' un 'particolare' rivelatorio della credibilità che i cittadini potranno dal canto loro attribuire ai decisori pubblici. Nello stesso tempo sottolineiamo che le nostre voci critiche, gli argomenti che abbiamo addotti in questi mesi e la perseveranza da noi avuta sono valsi a correggere alcune delle più inqualificabili storture, quale ad esempio la cancellazione delle leggi regionali e i regolamenti comunali in vigore in numerose città d'Italia”.
“Ci aspettavamo ben altro. Torneremo presto a valutare punto per punto il senso e le conseguenze dell'accordo in Conferenza Unificata”, ha commentato il Presidente della Consulta Nazionale Antiusura mons. Alberto D’Urso.