Ancora richieste di una normativa più coerente e meno proibitiva, per la garanzia di un gioco legale, responsabile e tutelato, ecco quanto emerge dal congresso a distanza a cura di Avviso Pubblico e Fondazione Adventum.
Il 26 maggio scorso, parallelamente al convegno organizzato dall'Osservatorio Internazionale sul Gioco "Giocobyte: il gioco pubblico nell'evoluzione dal bussolotto alla fibra", si è tenuto un altro importante evento in riferimento al tema del gioco pubblico: si tratta del webinar "Legge sul gioco d'azzardo: occasione o trappola?", organizzato nell'ambito del progetto "Se questo è un gioco", che si propone di fare informazione sul gambling, al fine sia di contrastare le patologie a esso connesse, sia di fare prevenzione. Nel sito internet dedicato al progetto che parafrasa il celeberrimo memoriale di Primo Levi, si trovano:
- approfondimenti sulle diverse declinazioni del gioco d'azzardo - gratta e vinci, slot machine, scommesse, roulette - che presentano dati, statistiche e informazioni sul gioco e per una sua corretta interpretazione e un consapevole approccio;
- storie personali, con le quali poter empatizzare e dalle quali poter trarre ispirazione o insegnamento;
- servizio di geolocalizzazione del SERD più vicino;
- consigli degli esperti sulle dipendenze patologiche, sulla salute, sull'indebitamento;
- informazioni riguardanti i diversi aspetti che riguardano il gioco: la spesa annuale per il gioco d'azzardo; il tempo che gli italiani gli dedicano; il preoccupante dato inerente al gioco online, per cui, a fronte dei 400 siti legali che operano con regolare licenza AAMS/ADM, ne sono stati bloccati ben 1.037 illegali.
Il tema dell'illegalità è da sempre il maggior rischio del comparto, soprattutto se le normative e le restrizioni che sono introdotte non sono ben calibrate sulle reali necessità della popolazione e non si prefiggono l'obiettivo di regolamentare il gioco, piuttosto di celarlo o addirittura di cercare di eliminarlo. E gli inadeguati interventi normativi, soprattutto quelli decentrati, sono stati oggetto del webinar, organizzato in vista del disegno legge, che è in fase di studio da parte del governo, che dovrà decidere il futuro del settore e dei milioni di giocatori dislocati sul suolo italiano.
L'avvocato Geronimo Cardia (Presidente di Acadi - Associazione Concessionari di Giochi Pubblici), infatti, nel proprio intervento ricorda l'annosa questione delle direttive degli enti locali e della loro sovrapposizione alla legiferazione nazionale, su cui da più anni il legislatore si propone di mettere mano, citando un volume che raccoglie gli approfondimenti in materia ("La questione territoriale. Il proibizionismo inflitto al gioco lecito dalla normativa locale" edito da Gn Media); Cardia afferma che oramai "sono 10 anni che il legislatore mette nelle leggi di bilancio o nei documenti di programmazione l'obiettivo di fare una legge di riordino. Anche quando fu introdotto il decreto Dignità il Parlamento si diede l'obiettivo di realizzarlo in sei mesi".
Prosegue affermando che dal 2011 gli operatori del gioco pubblico si sono via via attenuti alle nuove disposizioni, ma che, nell'attuarle, si sono spesso dovuti scontrare con problemi di natura pratica: "gli operatori del gioco pubblico non fanno altro che rispettare le norme. Quando dal 2011 sui territori sono nate le leggi che si sovrapponevano con la normativa nazionale, gli operatori sono andati a vedere come applicarle. Alla quinta, alla sesta negazione della possibilità di aprire un punto sul territorio, la domanda è: dove posso aprirlo allora? E sono stati interrogati degli urbanisti che hanno scoperto che applicando il distanziometro con quei parametri, tenendo conto del numero di luoghi sensibili individuati sul territorio, si trova una serie enorme di aree in cui sono vietati".
Secondo le perizie effettuate, il 99,3% del territorio non è coerente con l'insediamento dell'attività di gioco e la problematica concerne ben 100 città, certamente non un campione di riferimento irrisorio. Appare pertanto evidente che l'applicazione pratica di una legge che impone un divieto oltre al 99% non può che avere conseguenze deleterie sotto diversi profili e Cardia prosegue affermando che, se a livello sanitario questa regolamentazione può andare bene, allora il legislatore dovrebbe "sostituire la legge che vuole ridurre il numero dei punti sul territorio e dire più trasparentemente: da oggi il gioco è vietato sul territorio della regione", non mancando di rammentare che questa eventuale decisione sarebbe in controtendenza con quanto accertato da tutte le autorità investigative.
Quest'ultimo accenno è chiaramente riferibile alle infiltrazioni della criminalità nel gioco: come noto, in qualsivoglia settore, laddove c'è una carenza da parte dello Stato, c'è ampio spazio di manovra per le organizzazioni criminali, che giocano questa carta come punto di forza.
Peraltro, nell'epoca in cui ci troviamo, non si può pensare che interventi di riduzione o di eliminazione dei punti di gioco fisici possano essere risolutivi, poiché il gioco online è sempre più in auge, anche grazie alla scia concessa dal periodo pandemico, nel corso del quale si è registrato un esponenziale aumento dell'utilizzo di questo strumento. "Chiudere l'offerta fisica non risolve il problema" è il parere di Cardia, che prosegue riportando che "Una gran parte è finita nell'online, un'altra parte in altri verticali di gioco. Non chiedete a noi operatori quali sono i dati dell'illegale, noi possiamo dare solo quelli che sono i dati del giocato. Togliere il problema dei giochi d'azzardo significa togliere solo uno dei problemi. Quando c'erano solo i casinò, non c'erano i telefonini, e non c'era neanche un Adm che si è strutturata molto bene dal 2000 proprio per le numerose competenze che sono state affidata ad Adm. Il registro di autoesclusione ritengo sia l'alternativa più valida al 99 percento (chiamiamolo così, non distanziometro). Quello che serve sono i controlli. Se si elimina il gioco pubblico il minorenne continua a giocare".