Il gioco d'azzardo si ritrova spesso vittima di una vera e propria crociata da parte del governo attraverso misure strettamente proibizioniste.
L'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha spiegato come la ludopatia, in realtà, occupi l'ultimo posto dopo tabacco, droghe, doping alcol e disturbi del comportamento alimentare (come anoressia o bulimia). La maggioranza del milione e mezzo di Italiani che ha un rapporto problematico con il gioco, soffre di altre dipendenze, come alcol o droghe, un dato che era già stato sottolineato in uno studio dell'ISS. La lotta alle dipendenze da parte del Governo, però, sembra limitarsi alla ludopatia, quella meno preoccupante ed emergenziale, ma l'unica alla quale il Governo abbia (almeno nelle intenzioni) dichiarato guerra.
Se da sempre, infatti, si ritiene in tutte le sedi che la lotta alla ludopatia fosse non solo necessaria ma anche doverosa, quello che lascia perplessi, però, è il modo in cui siano state associate dipendenze che hanno ordini di grandezza anche di 10 volte. Si equiparano gli italiani che hanno problemi con l'alcool (oltre 8 milioni) con chi gioca troppo, ovvero 1,5 milioni che, si ricorda, non sono ludopatici (che sono invece 24mila in cura in Italia). Ciononostante, i dati sembrano essere abbastanza per evitare di associare il gioco a dipendenze gravi come alcool e droga.
Riccardo Grassi, direttore di ricerca SWG, intervenendo alla tavola rotonda "Il gioco buono: un alleato contro l'illegalità", presentando la ricerca "Da Grandi si Gioca", ha sottolineato come il tema fondamentale non è il gioco in se con denaro, ma il fatto che le persone perdano il controllo. Sulla percezione del pericolo legato al gioco si evince che questo viene sovrapposto all'alcol come pericolosità, gravità e diffusione. Tale dato in realtà colpisce, perché se guardiamo i numeri reali delle dipendenze reali ci sono differenze molto grandi. Nell'immaginario il gioco viene considerato molto più pericoloso del fumo e sotto alcuni aspetti addirittura più pericoloso dell'alcol.
Inoltre, Grassi afferma come i dati degli intervistati suggeriscano che sul tema del gioco c'è una risposta emotiva molto alta e grandissima difficoltà nel cogliere quelle che sono le dimensioni reali del fenomeno, sia per la diffusione che nell'impatto economico e sociale. La prima responsabilità della diffusione del gioco viene attribuita ai giocatori, poi viene lo Stato, caratterizzato da un ruolo di grandissima ambivalenza.
Sul divieto assoluto di gioco gli intervistati ritengono sia poco praticabile, non inciderebbe sulla dipendenza e favorirebbe l'illegalità.
Grassi conclude affermando che sarebbe preferibile fare degli interventi mirati con controlli severi sul gioco illegale.
Per gli intervistati in futuro si prevedono più giochi con vincita in denaro e maggiore spesa. Si pensa poi ad un futuro digitale, con più giochi e più controlli sulle vincite. Il tema, infatti, continua ad essere molto sentito, la richiesta generale è quella di poter affrontare la questione e permettere di giocare trattando le persone da adulte.